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Pensione integrativa: quanto prendo se risparmio mille euro all’anno?

Hai aderito alla previdenza complementare e risparmi, ogni anno, circa un migliaio di euro: vuoi sapere, in merito alla pensione integrativa, quanto prendi se risparmi mille euro all’anno.
L’ammontare della rendita mensile, erogata dal fondo di previdenza complementare, dipende da diversi fattori: innanzitutto, dall’importo totale devoluto alla previdenza integrativa, che, a sua volta, dipende sia dall’ammontare accantonato annualmente, sia dagli anni di contribuzione al fondo, che dalla linea di investimento scelta.
L’importo della pensione complementare dipende poi dalle condizioni applicate dal fondo; nel caso in cui si utilizzi il sistema contributivo di calcolo della pensione, l’importo dipende dal tasso di capitalizzazione utilizzato per la rivalutazione del montante contributivo (la somma dei contributi individuali accreditati) e dal coefficiente moltiplicatore, o di trasformazione, il valore che converte il montante contributivo in rendita. Più sono alti il tasso di capitalizzazione ed il coefficiente di trasformazione, più risulterà elevata la pensione, a parità di contributi versati.
Per quanto riguarda la linea di investimento scelta, la componente obbligazionaria, più “sicura” di quella azionaria, determina un rendimento della contribuzione poco elevato. Per rispondere, dunque, alla domanda in merito alla pensione integrativa, «Quanto prendo se risparmio mille euro all’anno?», il rendimento dei soldi devoluti alla previdenza complementare è strettamente connesso anche alla strategia di investimento scelta.
Ricordiamo che la previdenza complementare o integrativa, è gestita prevalentemente da enti di diritto privato (ad es. Fondo Mario Negri); integra la previdenza obbligatoria, che è gestita sia da enti pubblici (come l’Inps) sia da enti di diritto privato (come la Cassa Forense), garantendo ai lavoratori livelli più elevati di copertura previdenziale.
L’adesione alla previdenza complementare è libera e volontaria: ogni lavoratore può decidere se e a quale fondo aderire. I fondi pensione, o gestioni di previdenza complementare, hanno la funzione di corrispondere le pensioni integrative, così chiamate perché integrano le pensioni erogate dalle gestioni di previdenza obbligatoria, cioè dall’Inps e dalle casse professionali.
I fondi possono essere di vario genere: chiusi, di categoria, aziendali, regionali, aperti, preesistenti, a contribuzione o a prestazione definita.
Attualmente, le forme pensionistiche complementari, collettive o individuali, sono suddivise in:
fondi pensione chiusi, destinati a determinate categorie di lavoratori, sia subordinati che autonomi;
fondi pensione aperti, costituiti da banche, imprese di assicurazione e altri intermediari finanziari, ai quali possono aderire tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi, in forma collettiva o individuale;
contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali (piani pensionistici individuali, cosiddetti PIP). Le linee di investimento dei fondi integrativi possono essere:
garantite, quando offrono una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi, ad esempio al pensionamento;
obbligazionarie pure o miste, quando investono solo o prevalentemente in obbligazioni;
bilanciate, quando investono tendenzialmente in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale;
azionarie, quando investono solo o principalmente in azioni. La previdenza integrativa può essere finanziata:
con il Tfr del lavoratore;
con contributi a carico del lavoratore;
con ulteriori contributi versati dal datore di lavoro.
Più precisamente, la contribuzione versata ai fondi è determinata:
per la generalità dei lavoratori, liberamente (per quanto concerne la sola contribuzione a proprio carico);
per i lavoratori dipendenti che partecipano a fondi chiusi, liberamente, o sulla base di quanto previsto dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali;
per i lavoratori dipendenti che partecipano a fondi aperti, con adesione su base collettiva, liberamente, o sulla base di quanto previsto dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali. Al momento del pensionamento, il fondo di previdenza integrativa può trasformare i contributi accantonati in una prestazione:
in forma di rendita, o pensione integrativa, purché siano maturati i requisiti per la pensione obbligatoria e l’iscritto abbia partecipato alla previdenza complementare per almeno cinque anni;
in forma di capitale, fino a un massimo del 50% del montante accumulato, cioè della somma dei contributi accantonati; se la conversione in rendita del 70% del montante finale accumulato risulta inferiore alla metà dell’importo annuo dell’assegno sociale, la prestazione può essere erogata interamente in capitale.
Il fondo pensione, in determinate ipotesi, può anche erogare una rendita integrativa anticipata, o Rita.
Nei soli casi previsti dalla normativa e dal regolamento del fondo, l’iscritto può chiedere:
un’anticipazione sulla propria posizione individuale maturata (ad esempio, per spese sanitarie, per acquisto o ristrutturazione della prima casa di abitazione);
il riscatto parziale o totale della posizione individuale maturata. Se vuoi destinare alla previdenza complementare mille euro all’anno, l’ammontare della futura rendita dipenderà:

dalle previsioni del regolamento del fondo a cui hai aderito; dagli anni di contribuzione alla previdenza complementare; dalla linea di investimento scelta (obbligazionaria/ azionaria); dall’eventuale opzione per la reversibilità e per la rendita certa.

Vediamo a quanto ammonta la pensione di un lavoratore che contribuisce con mille euro all’anno per 40 anni, con componente obbligazionaria al 60%, con un tasso di crescita annua della contribuzione dell’1,1%. Il pensionato, che ha iniziato a contribuire a circa 25 anni e si pensiona a 66 anni, ottiene, con mille euro all’anno, una rendita di 2.557 euro annui, pari a 213 euro al mese (su 12 mensilità).
Scegliendo un investimento con componente obbligazionaria al 100%, ottiene una rendita di 2.345 euro annui, 195,42 euro mensili.
Naturalmente, la proiezione ha un valore puramente indicativo: delle valutazioni più accurate possono essere effettuate solo conoscendo il fondo di previdenza complementare a cui il lavoratore ha aderito, la categoria di appartenenza e la tipologia di investimento.
Fonte: www.laleggepertutti.it