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𝐅𝐀𝐓𝐓𝐔𝐑𝐄 𝐄𝐌𝐄𝐒𝐒𝐄 𝐈𝐍 𝐑𝐈𝐓𝐀𝐑𝐃𝐎: 𝐜𝐚𝐬𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐬𝐚𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢. (Leggi qui) 👇

Una fattura dovrebbe essere emessa entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione, in base alle disposizioni del comma 4 dell’articolo 21 del DPR 633/1972, che richiama l’articolo 6 per la corretta definizione del giorno di effettuazione dell’operazione.
Ciò vale sia in caso di fattura in formato elettronico che in formato cartaceo, per quelle situazioni residuali in cui è ancora possibile l’emissione tradizionale.
Una fattura può essere emessa in ritardo per molteplici motivazioni, talvolta per errore, ma non è raro che ciò sia dovuto a delle abitudini sbagliate messo in atto dagli operatori.
Ad esempio, negli acquisti effettuati tramite internet, ancora oggi non è raro trovare un soggetto passivo IVA che emette il documento certificante il corrispettivo al termine del periodo obbligatoriamente previsto dalla Legge per il diritto di reso, per evitare di emettere prima la fattura e poi la nota di credito; ma un tale comportamento può portare all’applicazione di sanzioni anche non indifferenti.
Nel momento in cui una fattura viene emessa oltre i termini prescritti dalla Legge, il soggetto passivo commette una violazione. 
Tale violazione, però, non è univoca, in quanto, a seconda che il ritardo nell’emissione del documento incida o meno sulla corretta liquidazione dell’imposta, essa può assumere una natura formale o sostanziale, per le quali sono previste delle differenziate sanzioni.
Per maggiore chiarezza, il soggetto passivo IVA compie:
una violazione formale, quando la fattura emessa in ritardo confluisce nella medesima liquidazione IVA nella quale sarebbe confluita se fosse stata emessa correttamente;
una violazione sostanziale se, per effetto del ritardo nell’emissione del documento, la fattura confluisce in una delle liquidazioni IVA (mensili o trimestrali) successive a quelle in cui sarebbe dovuta confluire.
Entrambe le violazioni sono regolate dall’articolo 6 comma 1 del Decreto Legislativo 471/1997, il quale prevede che “chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto […] è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il cento-ottanta per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio”, e che “alla stessa sanzione, commisurata all'imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta”; invece “la sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo”.
Quando il ritardo nell’emissione del documento contabile incide sulla corretta liquidazione dell’imposta, la violazione è più grave, e per questo, in questo caso, il medesimo articolo 5 del Decreto Legislativo 471/1997 al comma 4 prescrive che “la sanzione non può essere inferiore a euro 500”; importo posteriormente definibile a un terzo in sede di contestazione, come previsto dal comma 3 dell’articolo 16 del Decreto Legislativo 472/1997, o anticipatamente definibile con ravvedimento.
Va segnalato che, nel caso in cui il ritardo dell’emissione del documento contabile avvenga al termine dell’anno fiscale, ciò potrebbe portare anche alla contestazione dell’infedeltà dichiarativa della dichiarazione annuale IVA.
Fonte: fiscoetasse.com

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #fatture #ritardo #sanzioni
𝐋𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐠𝐚𝐭𝐨 𝐟𝐢𝐬𝐜𝐚𝐥𝐞. (Leggi qui) 👇

Il testo della legge di conversione del D.L. 145/2023 (decreto Collegato fiscale), all'esame della Commissione bilancio del Senato, prevede per la transazione fiscale che, oltre una certa soglia di valore, l'esame dell'istanza sarà affrontato dalla struttura centrale dell'Agenzia delle Entrate e non più dalle strutture locali.
La bozza contiene una norma interpretativa in materia fiscale per quanto riguarda l'Iva agevolata per la chirurgia estetica: l'esenzione si applica solo se la finalità curativa emerge da apposita documentazione.
Il documento prevede il rinvio per un altro anno dell'obbligo della fatturazione elettronica per i medici e altri operatori sanitari. Sempre in materia di fatture elettroniche, è previsto che quelle emesse (e inviate al sistema di interscambio) potranno essere visionate dai consumatori attraverso i servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate in automatico, ovvero senza necessità di richiesta esplicita.
Le schede del modello 730 relative alle scelte per la destinazione dell'8, del 5 e del 2 per mille Irpef continueranno a essere consegnare dai sostituti di imposta a un ufficio postale o a un intermediario, in una busta fisica, poiché la bozza della legge elimina l’obbligo di invio telematico previsto dal 2024; è inoltre eliminato l'obbligo per i sostituti d'imposta di conservare le stesse schede per 2 anni.

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #collegatofiscale
𝐈𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐧 𝐛𝐞𝐧𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐢 𝟒.𝟎 𝐝𝐚 𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢𝐥 𝟑𝟏/𝟏𝟐. (Leggi qui) 👇

Per gli investimenti 4.0 effettuati del 2023 non è stato previsto il termine lungo entro cui concluderli, ossia la possibilità di prenotare l’investimento entro fine anno e poi ultimarlo l’anno successivo. Di conseguenza, gli investimenti non ultimati entro il 31.12.2023 potranno beneficiare solamente del bonus previsto per il 2024.

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #Investimenti #benistrumentali
𝐋𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐟𝐞𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢. (Leggi qui) 👇

Quando l’amministratore della società effettua delle trasferte fuori dal territorio del Comune dove si trova la sede di lavoro, gli può essere riconosciuto un rimborso con 3 possibili modalità alternative:
rimborso forfettario;
rimborso misto;
rimborso analitico (detto anche "a piè di lista").
Il rimborso forfettario implica che sono escluse dal reddito dell’amministratore le indennità, al netto delle spese di viaggio e trasporto, fino a:
46,48 euro al giorno per le trasferte in Italia;
77,47 euro al giorno per le trasferte all'estero.
La parte eccedente tali importi concorre a formare il reddito.

Il rimborso misto, ossia quando viene corrisposto il rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio e un'indennità di trasferta, può prevedere:
un’esclusione dal reddito dell’amministratore fino a 30,99 euro al giorno per le trasferte in Italia, 51,65 per l’estero in caso di rimborso delle spese di vitto o alloggio;
un’esclusione dal reddito dell’amministratore fino a 15,49 euro al giorno per le trasferte in Italia, 25,82 per l’estero in caso di rimborso delle spese di vitto e alloggio.
Infine, il rimborso analitico prevede che i rimborsi di vitto, alloggio, trasporto e viaggio (anche indennità chilometriche) non concorrono a formare il reddito di lavoro dell’amministratore, mentre i rimborsi per altre spese non concorrono a formare il reddito nel limite giornaliero di:
15,49 euro per le trasferte in Italia;
25,82 euro per le trasferte all'estero.
In capo all’impresa, i rimborsi forfettario e misto sono interamente deducibili, mentre i rimborsi analitici lo sono nel limite di 180,76 euro al giorno per le trasferte effettuate in Italia e di 258,23 euro al giorno per quelle effettuate all'estero. Questi limiti non comprendono le spese per i biglietti aerei o per i taxi, poiché trattasi di spese di viaggio e non di vitto e alloggio.

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #trasferteamministratori
𝐍𝐨𝐯𝐢𝐭𝐚’ 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐬𝐨 𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐭𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐝𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐞𝐠𝐚𝐭𝐨. (Leggi qui) 👇

Lo schema di decreto delegato sul contenzioso, predisposto in attuazione dell’art. 19 della legge delega di riforma fiscale (L. 9.08.2023, n. 111) è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 16.11.2023. Il provvedimento si inserisce nel contesto della volontà di revisionare la disciplina e l’organizzazione dei processi tributari stabilita dalla legge delega anche attraverso la semplificazione dell’attuale normativa processuale. In particolare, tra le varie misure, il decreto prevede:
l’abrogazione dell’istituto del reclamo e della mediazione (attualmente disciplinati dall’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992) a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso (com’è noto, in base all’attuale normativa, per le controversie di valore non superiore a 50.000 euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa);
l’inserimento tra gli atti impugnabili con ricorso del rifiuto espresso o tacito all’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quater L. 27.07.2000, n. 212 (ovvero nei casi di esercizio del potere di autotutela obbligatoria). In particolare, il ricorso avverso il rifiuto di autotutela potrà essere proposto dopo il 90° giorno dalla domanda di autotutela presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto (si ricorda che, in assenza di disposizioni specifiche, in ogni caso, la domanda di autotutela non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione);
la possibilità di concludere la conciliazione “fuori udienza” anche per le controversie pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione (in questo caso le sanzioni sono applicabili nella misura del 60% del minimo previsto dalla legge);
la possibilità della Corte di Giustizia di formulare una proposta di conciliazione avuto riguardo (oltreché all'oggetto del giudizio) ai precedenti giurisprudenziali;
la possibilità di definire la causa in sede di decisione della domanda cautelare (nuovo art. 47-ter). In particolare, è prevista l’immediata comunicazione alle parti dell’ordinanza cautelare e l’impugnabilità della stessa, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla sua comunicazione (se l’ordinanza che accoglie o respinge viene presa dal giudice monocratico, la stessa sarà impugnabile davanti al collegio della Corte di Giustizia di primo grado, mentre le ordinanze collegiali della corte di primo grado saranno impugnabili davanti alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado. L’ordinanza cautelare emessa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado non sarà impugnabile);
in caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato (per esempio, avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate e intimazione al pagamento notificata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione): la necessità di proporre ricorso nei confronti di entrambi i soggetti (così da concentrare la discussione in un unico processo);
con riferimento alla testimonianza scritta: la possibilità per il testimone munito di firma digitale di rendere la testimonianza su un apposito modulo scaricabile dal sito del Dipartimento della Giustizia tributaria (pertanto, il difensore che lo ha citato potrà depositare telematicamente l’atto, senza necessità per il testimone di procurarsi la certificazione dell’autenticità della firma);
la possibilità, per colui che conferisce l’incarico difensivo, di apporre la firma digitale all’incarico attribuito al difensore (quest’ultimo potrà, inoltre, depositare telematicamente, la procura conferita su supporto cartaceo, attestandone la conformità);
la necessità di effettuare le comunicazioni mediante posta elettronica certificata. In particolare:
l’indirizzo di PEC del difensore o delle parti dovrà essere indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo;
sarà onere del difensore comunicare ogni variazione dell’indirizzo di PEC a quelli delle altre parti costituite e alla segreteria (la quale, in difetto, non sarà tenuta a cercare il nuovo indirizzo del difensore né ad effettuargli la comunicazione mediante deposito in segreteria);
in caso di pluralità di difensori di una parte costituita, la comunicazione sarà considerata perfezionata se ricevuta da almeno uno di essi, cui spetta informarne gli altri;
la necessità per le parti, i consulenti e gli organi tecnici di notificare e depositare gli atti processuali i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con le modalità telematiche previste dalle norme tecniche del processo tributario telematico (la violazione di questa previsione non determinerà l’invalidità del deposito, ma vi sarà l’obbligo di regolarizzazione nel termine perentorio stabilito dal giudice);
la possibilità anche per una sola delle parti costituite di richiedere la discussione da remoto. In particolare:
la discussione da remoto dovrà essere richiesta nel ricorso, nel primo atto difensivo ovvero in apposita istanza notificata alle altre parti depositata in segreteria unitamente alla prova della notificazione (nei casi di trattazione delle cause da remoto, la segreteria comunicherà, almeno tre giorni prima della udienza, l’avviso dell’ora e delle modalità di collegamento);
se una parte chiede la discussione in pubblica udienza e in presenza e un’altra parte chiede invece di discutere da remoto, la discussione avverrà in presenza ferma la possibilità, per chi lo ha chiesto, di discutere da remoto;
il rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi successivi al primo. In tal senso:
al giudice d’appello sarà preclusa la possibilità di fondare la propria decisione su prove che avrebbero potuto esse disposte o acquisite nel giudizio di primo grado;
è comunque eccezionalmente ferma la possibilità per il giudice di secondo grado di acquisire le prove pretermesse nel primo grado, in ragione della loro indispensabilità ai fini della decisione, oppure in esito alla dimostrazione della riferibilità della mancanza probatoria a causa non imputabile alla parte appellante;
è comunque, ammessa, a favore del contribuente, la possibilità di proporre motivi aggiunti qualora la parte dovesse venire a conoscenza di documenti, non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui dovessero emergere vizi degli atti o dei provvedimenti impugnati.
Si ricorda, infine, che l’entrata in vigore delle novità sopra illustrate è prevista con diverse modalità. In particolare:
l’abolizione del reclamo e della mediazione: decorrerà dalla data di entrata in vigore del decreto;
le altre disposizioni: saranno applicabili ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1.09.2024, fatta eccezione per alcune disposizioni che si applicheranno ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del decreto.

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #Novità #contenziosotributario #decretodelegato
𝐑𝐄𝐂𝐋𝐀𝐌𝐎 𝐄 𝐌𝐄𝐃𝐈𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 𝐋’𝐀𝐃𝐃𝐈𝐎. (Leggi qui) 👇

Le disposizioni sul reclamo e la mediazione, contenute nell’art. 17-bis D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, verranno abrogate al momento dell’entrata in vigore del decreto attuativo della riforma fiscale in materia di contenzioso tributaria. Sta dunque per terminare l’era dell’istituto del reclamo-mediazione quale strumento deflattivo del contenzioso tributario.
L’istituto del reclamo si è caratterizzato, fin dall’inizio, come uno strumento totalmente sbilanciato a favore dell’Amministrazione Finanziaria per il semplice fatto che lo stesso tentativo di mediazione viene esperito, nella sostanza dei fatti, da una delle parti in causa, l’ufficio legale dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto oggetto di contestazione.
Questa assenza di una vera neutralità del reclamo è stata più volte messa in evidenza dalla dottrina tributaria per evidenziare la stortura e la sostanziale illegittimità di questo istituto. Tali critiche non hanno però avuto effetto tanto che, per il legislatore tributario, il reclamo e la mediazione tributaria sono stati comunque considerati istituti in grado di deflazionare il contenzioso tributario e nel 2017 si è addirittura elevato il loro raggio di azione aumentando il valore delle controversie obbligatoriamente assoggettate alla disciplina del citato art. 17-bis, da 25.000 a 50.000 euro.
Lo schema di decreto attuativo in commento, almeno nella sua versione attuale, prevede che al posto del reclamo venga rafforzata la conciliazione della causa su iniziativa del giudice tributario.
In particolare, si prevede che la proposta di conciliazione possa essere formulata d’ufficio dalla Corte di giustizia tributaria, tenendo conto della sussistenza di precedenti giurisprudenziali in merito all’oggetto del giudizio. Interpretando le disposizioni in commento si può dunque ipotizzare che, nella formulazione della proposta di conciliazione, il giudice tributario potrà fare affidamento anche sugli strumenti evolutivi di giustizia predittiva e di accesso alle banche dati digitalizzate della giustizia tributaria contenute nel c.d. progetto “PRODIGIT” attualmente in fase avanzata di sviluppo da parte del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, MEF e Dipartimento delle Finanze.
Lo schema di decreto in commento, sempre nell’ottica di rafforzare la conciliazione, estende questa possibilità anche al giudizio di fronte alla Corte di Cassazione. In tale caso però saranno le norme sulla conciliazione fuori udienza dell’art. 48 D.Lgs. 546/1992 che si applicheranno, in quanto compatibili, alle controversie pendenti davanti alla Suprema Corte.
Le nuove diposizioni, al preciso scopo di facilitare, in tutti i modi possibili l’accordo conciliativo fra le parti prevede inoltre che, nel caso in cui la proposta venga formulata in udienza e le parti non siano comparse, la Corte di giustizia tributaria dovrà fissare una nuova udienza per far sì che la proposta venga esaminata.
Alle parti è sempre concessa la possibilità di chiedere il rinvio dell’udienza per facilitare l’esame della proposta e il successivo perfezionamento dell'accordo conciliativo.
Il vantaggio della nuova conciliazione su proposta del giudice tributario sarà rappresentato, oltre che dalla chiusura in tempi rapidi della vertenza, anche da un’importante riduzione delle sanzioni presenti nell’atto.

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𝐄𝐋𝐄𝐍𝐂𝐎 𝐃𝐎𝐌𝐈𝐂𝐈𝐋𝐈 𝐅𝐈𝐒𝐂𝐀𝐋𝐈 𝐃𝐄𝐈 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀𝐃𝐈𝐍𝐈. (Leggi qui) 👇

Dal 6.07.2023 è operativa la piattaforma Inad che gestisce l’elenco pubblico dei domicili fiscali dei cittadini, titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata. Di conseguenza, la Pubblica Amministrazione potrà effettuare la notifica Pec ai cittadini degli atti e dei provvedimenti presso l’indirizzo indicato in tale elenco.
È prevista in via transitoria la possibilità per il gestore della piattaforma Send, ossia il servizio di notifica digitale della Pubblica Amministrazione, di inviare al destinatario che non ha eletto domicilio digitale una copia analogica dell’atto notificato unitamente all’avviso di avvenuta ricezione in forma cartacea.

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𝐓𝐈𝐓𝐎𝐋𝐀𝐑𝐄 𝐄𝐅𝐅𝐄𝐓𝐓𝐈𝐕𝐎, 𝐍𝐔𝐎𝐕𝐄 𝐅𝐀𝐐. (Leggi qui) 👇

In attesa di un'eventuale proroga al 6.02.2024 della scadenza per la comunicazione del titolare effettivo, si segnalano le Faq ( https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/riciclaggio-terrorismo/faq/titolarita-effettiva/index.html?dotcache=refresh&dotcache=refresh ) pubblicate dal Mef con Banca d’Italia e Uif, che prendono in esame i seguenti aspetti:
procedure esecutive o concorsuali;
enti ecclesiastici;
società di capitali;
fondazioni bancarie.

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𝐓𝐚𝐬𝐬𝐚𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐩𝐥𝐮𝐬𝐯𝐚𝐥𝐞𝐧𝐳𝐞 𝐬𝐮𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐦𝐦𝐨𝐛𝐢𝐥𝐢 𝐨𝐠𝐠𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐒𝐮𝐩𝐞𝐫𝐛𝐨𝐧𝐮𝐬. (Leggi qui) 👇

In via preliminare può essere opportuno ricordare che, in base alla normativa attuale, ai fini Irpef (ex art. 67, c. 1, lett. b) del tuir):
sono tassate le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni, con esclusione di quelli acquisti per successione e delle unità immobiliari urbane che, per la maggior parte del periodo tra l’acquisto/costruzione e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari (se l’immobile è pervenuto per donazione, il periodo di 5 anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante);
la base imponibile della plusvalenza è pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto/costruzione incrementato di ogni altro costo inerente (in caso di acquisto per donazione, il costo di acquisto/costruzione è quello sostenuto dal donante).
In questo contesto, la legge di Bilancio 2024 (in corso di approvazione) interviene direttamente sul Testo Unico delle Imposte sui redditi, prevedendo una nuova ipotesi di plusvalenza immobiliare. In particolare, mediante l’inserimento della nuova lett. b-bis) all'art. 67, c. 1 del Tuir, è previsto che, a partire dal 1.01.2024 in caso di intervento di superbonus su un immobile e successiva cessione di quest’ultimo entro 10 anni dalla conclusione dei lavori, la relativa plusvalenza sarà classificata tra i “redditi diversi” ai fini Irpef.
La nuova disposizione è applicabile anche nel caso in cui i lavori dovessero essere stati eseguiti da soggetti diversi dal proprietario, ovvero da un soggetto avente diritto all’agevolazione del superbonus.
Viceversa, decorso questo periodo, torneranno a essere applicati i criteri ordinari (pertanto, in questo caso, sarà così possibile considerare in diminuzione i costi relativi agli interventi agevolati anche se il proprietario o il detentore dovesse avere beneficiato della cessione del credito o dello sconto in fattura).
Da questa nuova normativa sono esclusi gli immobili acquisiti per successione e quelli adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione ovvero, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione dovesse essere decorso un periodo inferiore a 10 anni, per la maggior parte di tale periodo.

Inoltre, modificando l’art. 68, c. 1 del Tuir, ai fini della determinazione dei costi inerenti al bene sul quale sono stati effettuati interventi con il superbonus (e quindi della determinazione della base imponibile in caso di cessione degli immobili), è stabilito che:
se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni dall’atto di cessione dell’immobile: non deve tenersi conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di cessione del credito ovvero di sconto in fattura (viceversa, nell’ipotesi di detrazione queste spese possono essere considerate in diminuzione della base imponibile secondo quanto già previsto dall’art. 68 del TUIR);
se gli interventi si sono conclusi da più di 5 anni ma entro i 10 dall’atto di cessione: occorre considerare il 50% delle spese se si è fruito dell’agevolazione nella misura del 110% e se sono state esercitate le opzioni di cessione del credito ovvero di sconto in fattura.
Esempio - Immobile oggetto dei lavori agevolati acquistato nell’anno 2018 a un corrispettivo pari a 150.000 euro. Il proprietario nell’anno 2022 ha fruito del superbonus nella forma dello sconto in fattura praticato dall’impresa esecutrice dei lavori. L’importo dello sconto ammonta a 80.000 euro. Si consideri ancora che nel mese di gennaio dell’anno 2024 l’immobile viene venduto a un corrispettivo pari a 280.000 euro.
In questo caso:
dal termine dei lavori agevolati avvenuta nel mese di gennaio dell’anno 2022, all’atto della cessione dell’immobile, avvenuta a gennaio 2024, sono decorsi non più di 5 anni (pertanto le spese sostenute nella forma dello sconto in fattura non possono essere considerate in diminuzione della base imponibile);
il cedente realizza una plusvalenza pari a 130.000 euro (280.000 - 150.000) soggetta a imposta sostitutiva del 26% (pertanto il costo della tassazione ammonta a 33.800 euro).
Infine, per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre 5 anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione (come sopra determinato) deve essere rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Dal quadro normativo sopra illustrato è possibile concludere che:
nel caso in cui il bonus sia stato fruito mediante detrazione in dichiarazione le spese sostenute rilevano sempre al 100% nel calcolo della plusvalenza;
il sostenimento di spese diverse da quelle superbonus (ovvero le spese non agevolate per effetto dell’art. 119 D.L. 34/2020) non determinano la nuova ipotesi di tassazione;
il sostenimento di spese superbonus con aliquota diverse rispetto al 110% (ad esempio, il 90% per gli interventi 2023 ai condomini o alle villette ovvero 70% per le spese condominiali 2024) fa rientrare la cessione nella nuova disciplina, ma rende totalmente deducibili i costi sostenuti;
Come già accennato, le nuove disposizioni saranno applicabili alle cessioni poste in essere a partire dal 1.01.2024.

𝐕𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐢𝐭𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐢𝐦𝐚𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨 www.Fiscaldata.it #studiocommerciale #aggiornamenti #fiscaldata #catanzaro #Tassazione #plusvalenzeimmobili #Superbonus
𝐀𝐦𝐛𝐢𝐭𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐛𝐢𝐞𝐧𝐧𝐚𝐥𝐞. (Leggi qui) 👇

La bozza di decreto approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 3.11.2023 (attuativo della riforma fiscale contenuta nella L. 111/2023) prevede, tra le altre misure, l’introduzione del nuovo concordato preventivo biennale. Le nuove regole, che saranno in vigore dal 2024, si applicheranno ai contribuenti di minori dimensioni (più specificatamente a quelli per i quali si applicano gli ISA) e comporteranno (fatta salve le specifiche ipotesi di seguito indicate) l’impossibilità dell’Agenzia delle Entrate di avviare accertamenti nei confronti di tali soggetti.

Soggetti interessati - Per i contribuenti cui si applicano gli Indici sintetici di affidabilità fiscale (imprenditori o lavoratori autonomi individuali, società di persone e soggetti assimilati ai sensi dell’art. 5 del Tuir, società di capitali ed enti commerciali), l’accesso al concordato sarà subordinato alla presenza di alcune delle seguenti condizioni relative al periodo d’imposta precedente:
avere ottenuto un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno a 8 sulla base dei dati comunicati (per il conseguimento di un miglior punteggio di affidabilità fiscale, sarà sempre possibile integrare i dati comunicati con ulteriori componenti positivi non risultanti dalle scritture contabili);
non avere debiti tributari ovvero avere estinto quelli di importo complessivamente pari o superiore a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (compresi interessi e sanzioni) ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione (dalla quantificazione di questo limite dovranno essere esclusi i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione fino alla decadenza dei relativi benefici).
Potranno aderire al concordato biennale anche i soggetti che aderiscono al regime forfetario.

La proposta - In applicazione della nuova disciplina in esame, l’Agenzia delle Entrate potrà formulare (ai fini delle imposte sui redditi e Irap) una proposta per la definizione biennale del reddito; entro il 15.03 di ciascun anno (entro aprile per il 2024), l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche, dei programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta.
La proposta di concordato sarà elaborata dall’Agenzia delle Entrate, tenuto conto dei dati dichiarati dal contribuente entro il termine del 30.06 (per il 2024 questo termine sarà posticipato di un mese al 30.07.2024). In particolare, per elaborare la proposta, sarà utilizzata una metodologia che valorizza le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione Finanziaria e/o presenti nelle varie banche dati di cui dispone; la proposta verrà inviata al contribuente entro il 5° giorno antecedente il termine di accettazione per il contribuente, che è fissato al 30.06 (posticipato di un mese per il 2024). Nel caso in cui nella dichiarazione dei redditi dovessero essere stati indicati dati non corrispondenti a quelli comunicati, ai fini della definizione della proposta di concordato, non sarà possibile accedere al concordato stesso.

Il meccanismo - Nei confronti dei soggetti interessati, ai fini del reddito saranno escluse le plusvalenze e minusvalenze e i redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società e associazioni;
il saldo netto tra le plusvalenze e le minusvalenze, nonché i redditi derivanti dalle partecipazioni determineranno una corrispondente variazione del reddito concordato, ferma restando la dichiarazione di un reddito minimo di 2.000 euro (da ripartire tra i partecipanti in caso di società o associazioni;
in ogni caso il reddito assoggettato a imposizione non potrà essere inferiore a 2.000 euro. Nel caso di società in nome collettivo e società in accomandita semplice e di soggetti ad esse equiparati, nonché dei soggetti tassati per trasparenza, il limite di 2.000 euro sarà ripartito tra i soci o associati secondo le rispettive quote di partecipazione);
gli eventuali maggiori o minori redditi effettivi, o maggiori o minori valori della produzione netta effettivi, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rileveranno ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dell’Irap, nonché dei contributi previdenziali obbligatori;
in presenza di circostanze eccezionali (che saranno definite con apposito decreto) tali da determinare minori redditi effettivi ovvero minori valori della produzione netta effettivi, eccedenti la misura del 60% rispetto a quelli oggetto del concordato, quest’ultimo cesserà di produrre effetti a partire dal periodo di imposta in cui tale differenza si realizzerà.
Cessazione e decadenza del concordato - Oltre alle ipotesi di cessazione del concordato (per chiusura o modifica dell’attività svolta) sono previste le seguenti ipotesi di decadenza:
se, a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, dovesse risultare l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, o in caso di commissione di altre violazioni di non lieve entità (appositamente elencate dalla norma);
se, a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente dovessero determinare una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato;
in presenza delle seguenti cause di esclusione:
mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno 1 dei 3 periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo ad effettuare tale adempimento;
condanna per uno dei reati tributari (ex D.Lgs. 74/2000) commessi negli ultimi 3 periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato (es. false comunicazioni sociali, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita commessi negli ultimi 3 periodi di imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato);
omesso versamento delle imposte relative ai redditi e al valore della produzione netta dovute a seguito della adesione al concordato preventivo biennale.

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𝐎𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢 𝐝𝐢 𝐟𝐢𝐧𝐞 𝐚𝐧𝐧𝐨, 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐝𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐝𝐮𝐜𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚’. (Leggi qui) 👇

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, prende il via la campagna omaggi. Per molte aziende, infatti, le festività sono l’occasione per fare omaggi ai clienti, ma anche ai propri dipendenti. Si tratta, generalmente, di beni aventi “modico valore” (es. panettone, bottiglia, cesti di Natale) per i quali è previsto un trattamento fiscale ad hoc.
Occorre, tuttavia, tener ben distinta la categoria degli omaggi veri e propri dalla giungla di sconti, abbuoni e premi che potrebbero trarre in inganno. La normativa fiscale prevede trattamenti differenziati nel caso in cui le assegnazioni gratuite siano destinate al personale dipendente, alla clientela oppure al titolare o ai soci dell'ente erogante. Al fine di individuare il corretto trattamento degli omaggi ai fini Iva e delle imposte dirette è necessario, quindi, distinguere a seconda che i beni siano o meno oggetto dell’attività esercitata dall’impresa e che il destinatario sia un cliente oppure un dipendente dell’azienda. 

In base all’art. 108, c. 2 del Tuir sono integralmente deducibili le spese relative agli omaggi di “valore unitario” non superiore a 50 euro. La particolare disciplina recata dalla norma è applicabile solo ai "beni" di modico valore distribuiti gratuitamente e non anche a eventuali servizi gratuiti. Pertanto, le spese relative all'acquisto di piccoli omaggi non rientrano nell'ammontare delle spese di rappresentanza ma possono essere interamente dedotte. Va detto che, come chiarito dalla risoluzione n. 27/E/2014, la locuzione "valore unitario non superiore a 50 euro” evoca un riferimento ai beni autoprodotti e distribuiti gratuitamente, ossia quei beni alla cui ideazione, produzione, commercializzazione è diretta l'attività di impresa e che si differenziano, chiaramente, dai beni destinati all’omaggio ma acquistati da terzi.
Secondo il documento di prassi, con l'utilizzo della locuzione "valore" in luogo di "costo" il legislatore ha inteso riferirsi al valore normale dei beni. Pertanto, per i beni autoprodotti, il valore dell'omaggio rileva unicamente al fine di individuare la spesa di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata. Tuttavia, laddove un omaggio si compone di più beni, il valore di 50 euro deve essere riferito al valore complessivo dell'omaggio e non al valore dei singoli beni che lo compongono. Ad esempio, una confezione composta di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno, dovrà essere considerata come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro e, come tale, sarà soggetto, ai fini della deducibilità, alla disciplina delle spese di rappresentanza. Infatti, per gli omaggi di importo unitario eccedente la soglia dei 50 euro va applicata la disciplina delle spese di rappresentanza.
Ne consegue che gli omaggi sono deducibili, se di importo unitario superiore a 50 euro, nel periodo di imposta di sostenimento e nel limite annuo ottenuto dall’applicazione all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica delle seguenti percentuali:
1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro;
0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 10 milioni di euro e fino a 50 milioni;
0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50 milioni di euro.
Prevista, poi, una precisa disciplina per gli omaggi ai dipendenti. Infatti se, per il datore di lavoro, il costo sostenuto per l’acquisto dei beni da destinare ad omaggio è deducibile dal reddito d’impresa secondo le norme di cui all'art. 95, c. 1 del Tuir, per il dipendente, gli omaggi ricevuti concorrono alla formazione del reddito dello stesso in base alle disposizioni di cui all’art. 51 del Tuir; tale norma, al c. 1, stabilisce che concorrono alla formazione del reddito del dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
In particolare, le erogazioni liberali “in natura” ai dipendenti non concorrono alla formazione del reddito se presentano un importo complessivo nel periodo d’imposta non superiore a 258,23 euro. Anche per l’anno 2023 tale soglia arriva a 3.000 euro, ma solo per i dipendenti con figli a carico, comprendendo nel limite le somme erogate o rimborsate ai dipendenti dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale. Qualora venga superato detto limite l’intero valore concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. È, dunque, compito dell’impresa verificare per ciascun dipendente il superamento o meno del suddetto limite.

Negli ultimi anni, poi, è sempre più diffusa la prassi di consegnare, a clienti e fornitori, dei “voucher” utilizzabili per l'acquisto di beni e/o servizi presso una rete di esercizi commerciali convenzionati, per un importo pari al loro valore facciale. Con la risposta all’interpello n. 519/E/2019 è stato precisato che gli oneri sostenuti dall'azienda per l'acquisto dei voucher da regalare ai propri clienti “a titolo promozionale” rientrano nella categoria residuale delle spese di rappresentanza ex art. 1, c. 1, lett. e) D.M. 19.11.2008.
In realtà il documento di prassi, richiamando dapprima il contenuto del D.M. 19.11.2008 e, poi, le indicazioni della circolare n. 34/E/2009, ha evidenziato che l'onere sostenuto dall'azienda per i voucher non è espressamente incluso tra le spese di rappresentanza, in quanto la formulazione letterale della norma fa diretto riferimento alla nozione di beni e servizi. Ciò nonostante, l’Agenzia conferma che gli oneri sostenuti dal datore per i buoni corrispettivo rientreranno nella lett. e) dell'art. 1, c. 1 D.M. 19.11.2008 e, quindi, la loro deduzione segue il trattamento delle spese di rappresentanza.

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𝐒𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐛𝐫𝐞𝐯𝐞 𝐦𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐥𝐨. (Leggi qui) 👇

L’art. 18 del disegno di legge di Bilancio per l’anno 2024 mette mano al regime delle locazioni brevi, modificando l’art. 4 D.L. 50/2017. In particolare, al comma 2 viene aggiunto il seguente periodo: “L’aliquota di cui al primo periodo è innalzata al 26% in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta”. In pratica, il regime sostitutivo della cosiddetta “cedolare secca”, al ricorrere della predetta condizione, passa dal 21% al 26%.

Si ricorda che il regime delle locazioni brevi aveva trovato nel D.L. 50/2017 una sua autonoma disciplina. Innanzitutto, per locazioni brevi devono intendersi i contratti di locazione di immobili a uso abitativo stipulati da persone fisiche, di durata non superiore a 30 giorni, compresi quelli che prevedono la fornitura di biancheria e di pulizia dei locali. A decorrere dal 1.01.2017, la norma aveva ufficializzato l’estensione del regime della cedolare secca a questa tipologia di contratti, ovviamente nella misura del 21%.
Il comma 4 aveva poi individuato una precisa disciplina per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, compresi quelli che gestiscono portali telematici, prevedendo obblighi comunicativi verso l’Agenzia delle Entrate in relazione ai contratti stipulati per il loro tramite, prevedendo altresì, al successivo comma 5, l’obbligo di effettuare una ritenuta del 21% in qualità di sostituti d’imposta, nel caso di incasso di corrispettivi per il loro tramite. Tale ritenuta era da considerarsi a titolo di imposta o di acconto a seconda del regime di tassazione adottato dal contribuente percipiente (cedolare o tassazione ordinaria).
Il disegno di legge di Bilancio, con la modifica del citato comma 5, adegua l’importo della ritenuta innalzandola al 26% al ricorrere della condizione sopra menzionata della locazione di più di un appartamento. Inoltre, in tale caso, la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto, al pari del caso, già previsto nel vecchio regime, di non esercizio dell’opzione per la cedolare. Un sostanziale aggravio, quindi, sui proprietari di beni immobili destinati a locazioni brevi che dovranno rifare i propri conti prima di determinare i canoni di locazione per il prossimo anno.

Ulteriore aggravio sugli immobili, previsto sempre dal citato art. 18, riguarda una modifica al regime delle plusvalenze sulla cessione a titolo oneroso di immobili nel caso in cui siano stati oggetto di lavori di riqualificazione per i quali il contribuente ha beneficiato del superbonus 110%. Nel caso in cui tali immobili siano ceduti prima del decorso di 10 anni dalla fine dei lavori, il maggior valore realizzato costituirà una nuova fattispecie di plusvalenza da tassare ai sensi dell’art. 67 del Tuir (26%).
Saranno esclusi da questa fattispecie gli immobili acquisiti per successione e quelli utilizzati come abitazione principale per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione.
Inoltre, qualora la cessione avvenga prima del decorso di 5 anni dalla fine dei lavori, nella determinazione della plusvalenza non si terrà conto dei costi sostenuti per gli interventi agevolati, qualora si tratti sempre di interventi di cui all’art. 119 D.L. 34/2020 e si sia optato per la cessione del credito o per lo sconto in fattura ai sensi dell’art. 121 D.L. 34/2020, con unica possibilità, questa volta di favore, di rivalutare il costo di acquisto o di costruzione in base all’incremento dell’indice Istat.

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