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Pace fiscale 2021, le scadenze dal 1 marzo in avanti.

Da lunedì 1° marzo – la scadenza naturale del 28 febbraio coincide infatti con una domenica – circa 2 milioni di contribuenti dovranno passare alla cassa per pagare la rata o le rate concordate grazie alla pace fiscale. La scadenza riguarda ovviamente i contribuenti che hanno aderito alla rottamazione ter, alla definizione agevolata dei processi verbali di contestazione o alla chiusura delle liti pendenti del 2019.
Per la rottamazione ter ci sarà tempo fino all’8 marzo, visto che c’è un margine di 5 giorni ed occorre tenere conto del sabato e della domenica, 6 e 7 marzo.
Il primo giorno del mese, inoltre, è il termine fissato per il versamento delle rate della rottamazione ter e del saldo e stralcio in scadenza nel 2020, partendo dal presupposto che quelle del 2019 siano state regolarizzate. Si parla, dunque, delle quattro rate della rottamazione che scadono:
il 28 febbraio;
il 31 maggio;
il 31 luglio;
il 30 novembre.
A queste si aggiungono la seconda e la terza rata del saldo stralcio in scadenza:
il 31 marzo 2020;
il 31 luglio 2020.
Attenzione, però, perché qui non è previsto il margine dei 5 giorni.
Per il saldo e stralcio, le soluzioni alternative al pagamento unico erano così divise e sono state così riviste:
il 35% entro il 30 novembre 2019;
il 20% entro il 31 marzo 2020 (diventato il 1° marzo 2021);
il 15% entro il 31 luglio 2020 (diventato 1° marzo 2021);
il 15% entro il 31 marzo 2021;
il 15% entro il 31 luglio 2021.
Il pagamento a rate prevede un 2% annui di interessi, non calcolati per il periodo di proroga.
Si pone, comunque, il problema di un “affollamento” di versamenti, nonostante la proroga dal 10 dicembre scorso al 1° marzo di quest’anno: troppe rate insieme che rischiano di mettere in difficoltà i contribuenti. C’è, inoltre, una norma che prevede la decadenza dalla rottamazione o dal saldo e stralcio nel caso in cui il debito non venga tempestivamente pagato. Una situazione spinosa, considerando le difficoltà economiche che l’emergenza Covid sta creando ai singoli contribuenti e alle aziende. Ad oggi, è prevista una sanzione del 30% sulle rate non versate, a cui si aggiungono gli interessi legali, a fronte di un omesso o tardivo pagamento delle rate successive alla prima per chiudere le liti pendenti. Esiste, dunque, un doppio rischio che non interessa a nessuna delle parti: al contribuente che potrebbe rimanere definitivamente in ginocchio per i debiti e al Fisco che rischia di non incassare quanto gli è dovuto. Fonte: quifinanza.it