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Aspetti difensivi nella verifica fiscale

A partire dalla legge delega 23/2014 è iniziato un processo di revisione del sistema fiscale, cogliendo quale elemento di indubbia importanza quello di innovare il rapporto tra Amministrazione Finanziaria e imprese; proprio in questa direzione si è assistito alla nascita di alcuni istituti tipo la compliance fiscale. Questa nuova forma di approccio non ne ha però modificato il ruolo e il modo di operare nell’azione ispettiva volta alla ricerca e alla repressione degli illeciti tributari.
L’attività di verifica fiscale, come noto, si forma attraverso una serie di passaggi che vanno dalla raccolta dei documenti per il loro successivo esame, a metodi di controllo di carattere indiretto-presuntivo, per concludersi con eventuali rilievi in presenza di violazioni. Questo pone contribuente e verificatori nell’ambito di un continuo confronto la cui verbalizzazione è resa obbligatoria dall’art. 52, c. 6, D.P.R. 633/1972, dall’art. 33, c. 1, D.P.R. 600/1973 e dall’art. 12, L. 212/2000 (Statuto del Contribuente). Le citate norme impongono ai verificatori: di riportare le risposte del contribuente alle loro richieste; di riportare eventuali osservazione o richieste del contribuente; la possibilità per il contribuente di comunicare osservazioni entro 60 giorni dalla conclusione delle operazioni ispettive.
Il contraddittorio assume pertanto valore nell’ordinamento tributario e la sua valenza è riconosciuta anche dalla Corte di Giustizia Europea che ne richiede l’applicazione ogni qualvolta la pubblica amministrazione emetta un provvedimento lesivo della sfera giuridica del destinatario (cause C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics sentenza del 3.07.2014).
Nel contesto del contraddittorio vanno poi esaminate le contestazioni mosse dai verificatori; prendiamo spunto dalla sentenza della Cassazione 11.05.2022, n. 14889, dove emerge un elemento inquietante, ossia il riconoscimento della pretesa erariale pur in presenza di contraddittorio, ma senza alcun tipo di opposizione alle violazioni contestate in sede di verifica fiscale. I fatti rilevati (Ires/Irap/iva) traggono origine da un avviso di accertamento che fonda le sue radici, tra l’altro, in una percentuale di ricarico determinata dai verificatori che, applicata al costo del venduto, ha portato a una quantificazione di ricavi non dichiarati. Nel corso dell’azione ispettiva il contribuente, pur non avendo avuto un atteggiamento di chiusura alle richieste dei verificatori, non ha contestato le conclusioni alle quali erano giunti i militari della Finanza.
Quest’ultima circostanza ha portato il contribuente a soccombere. Nell’esaminare le motivazioni, rileva in questa sentenza un principio: l’impossibilità per il contribuente di difendersi in sede contenziosa, in assenza di sue contestazioni in sede di verifica sui rilievi mossi, al di là anche di un suo eventuale atteggiamento non collaborativo o silente, che non implica accettazione delle operazioni e del relativo risultato.
Un contraddittorio costruttivo con i verificatori assume senz’altro rilevanza e porta al rispetto dei principi contenuti nell’art. 10 L. 212/2000, in ordine ai rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria, che debbono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede; la sua assenza non potrà però essere considerata elemento di soccombenza in fase contenziosa; di contro, assume rilevanza il comportamento da tenere a fronte dei rilevi formulati. Un atteggiamento “passivo” in questo senso è pertanto da evitare assolutamente, per cui appare imprescindibile esigere e far rilevare negli atti della verifica il dissenso verso le conclusioni alle quali sono pervenuti i verificatori, cercando di far valere le proprie ragioni.