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Videosorveglianza dei lavoratori: è possibile? Limiti e sanzioni.

In generale, la videosorveglianza per il controllo a distanza delle prestazioni dei lavoratori è reato. Lo prevede l’art. 4, comma 1, dello Statuto dei lavoratori – L. 300/1970 che vieta l’uso di impianti audiovisivi ai fini di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, in quanto lesivo della dignità e della riservatezza .
Il comma 2 dell’art. 4 , però, cerca di contemperare l’esigenza dei lavoratori e le esigenze dei datori di lavoro ovvero:
di controllo preventivo ( c.d. controlli difensivi) ad evitare condotte illecite e
organizzative o di sicurezza (ad es.nelle banche contro le rapine)
L’ installazione di sistemi di controllo a distanza quindi è consentita a due condizioni:
previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o l’Ispettorato del lavoro,
e mettendo a conoscenza i lavoratori di tale controllo.
L’articolo è stato modificato infatti dal D.lgs 151 2015 (attuativo del Jobs act) e recita:
«Art. 4 (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo): – 1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo sindacale, gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

  1. La disposizione di cui al comma 1 non si applica:
    agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (ad es. smartphone, tablet o pc)
    agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
  2. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata
    informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.». L’utilizzo dei dati individuali comunque è sempre sottoposto alla disciplina sulla privacy. Ad esempio restano validi i principi per cui :
    i sistemi di videosorveglianza possono essere installati solo con modalità che tutelino la dignità e la privacy dei lavoratori (ad es. l’installazione di telecamere in locali adibiti a spogliatoi possibile solo in modo da non consentire la ripresa diretta delle persone).
    è necessario che i dati raccolti siano protetti da accessi non autorizzati e che le immagini registrate siano conservate per un periodo limitato a 24 ore, con eccezione di esigenze tecniche (dati raccolti nei mezzi di trasporto) o per alta rischiosità dell’attività.
    Sono in ogni caso vietate le riprese ai fini di mero controllo dell’adempimento dell’attività lavorativa; in questo senso:
    i dati raccolti non possono essere utilizzati in procedimenti disciplinari contro il lavoratore .
    MA ATTENZIONE: Fa eccezione a quest’ultimo punto il caso di verifiche dirette ad accertare comportamenti illeciti (cd. controlli difensivi) e lesivi del patrimonio e dell’immagine a ziendale, in questo caso le prove di reato acquisite sono utilizzabili nel procedimento penale.
    Sul punto una sentenza di Cassazione 19922 2016 ha ribadito che i «controlli difensivi» sui dipendenti sono legittimi solo quando riguardano specifiche condotte lesive di cui si abbia sospetto ed estranee alla prestazione di lavoro e vanno concordati con i sindacati. Nel caso specifico , invece, al lavoratore era stato contestato di aver registrato nel proprio rapporto alcune ispezioni , in realtà non effettuate come rilevato dal sistema satellitare GPS dell’auto aziendale Tale sistema, non può rientrare tra i controlli cd. “difensivi” ammessi dalla legge Si applica quindi la garanzia dell’art. 4, comma 2 legge 300/70, per cui i dati dell’impianto GPS di controllo a distanza non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratore . La Circolare INL 5-2018 ( del 19-2-2018) ha ulteriormente ampliato le eccezioni che permettono di utilizzare la videosorveglianza, confermando una situazione normativa molto complessa e frastagliata. Ad esempio ha specificato che se sono presenti finalita di controllo come ragioni di sicurezza , le telecamere di videsorveglianza possono anche inquadrare direttamente i lavoratori e si puo evitare di specificarne in anticipo il punto di installazione, dato che anche la posizione di macchinari e merci in azienda viene spesso modificata.
    Inoltre le apparecchiature di riconoscimento biometrico sono escluse dalla procedura autorizzativa. In caso di violazione alle norme sopracitate resta valida la previsione di
    una sanzione penale (ammenda) che va da 154,00 a 1.549,00 euro ovvero
    l’arresto da 15 giorni ad un anno (art. 38 della legge n. 300/1970), salvo che il fatto non costituisca reato più grave.
    L’ispettore puo valutare anche di comminare entrambe le sanzioni.
    Due recenti sentenze di Cassazione hanno sottolineato che la modifica apportata dal JOBS Act (Cassazione 32334 e 3255 del 2021) “non ha apportato variazioni dal punto di vista delle sanzioni e afferma ” In effetti, la condotta vietata consisteva e consiste nella installazione degli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche SOLO la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori “
    L’ispettore che verifica l’installazione di impianti audiovisivi senza le previste procedure di autorizzazione puo impartire una prescrizione ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 758/1994 al fine di far cessare la condotta illecita e far rimuovere gli impianti audiovisivi, il che puo portare all’annullamento della contravvenzione accertata.
    Il verbale ispettivo fissa un termine per la rimozione degli impianti illegittimii.
    Nel caso nello stesso periodo venga siglato l’accordo sindacale ovvero venga rilasciata l’autorizzazione della competente Direzione territoriale, l’ispettore potrà ammettere “il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di 30 giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita” (art. 21 d.lgs. n. 758/1994).
    Le sanzioni previste in materia di privacy dal Codice sono ancora piu specifiche, ecco le principali :
    l’omessa informativa. è punita dall’art. 161 con la sanzione amministrativa che va da seimila euro a trentaseimila euro;
    la mancata o incompleta notificazione ai sensi degli artt. 37 e 38 del Codice è punita dall’art. 163 con la sanzione amministrativa da ventimila euro a centoventimila euro
    l’omessa adozione delle misure minime di sicurezza preventive per la protezione dei dati è punita dall’art. 162, comma 2-bis con la sanzione del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro, ed integra la fattispecie di reato che prevede l’arresto sino a due anni;
    il mancato rispetto dei tempi di conservazione delle immagini raccolte e di cancellazione nel termine previsto è punito dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice con la sanzione da trentamila euro a centottantamila euro;
    il mancato rispetto delle misure previste dal Garante per i sistemi integrati di videosorveglianza è punito dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice con la sanzione che va da trentamila euro a centottantamila euro. Fonte: fiscoetasse.com