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Tfm deducibile senza le regole del tfr dipendenti

Allo stato attuale non esistono disposizioni di legge che regolano le modalità di calcolo del trattamento di fine mandato (TFM) degli amministratori. È questo, in estrema sintesi, ciò che si ricava dalla recente sentenza della C.G.T. Emilia-Romagna (sentenza n. 319/08/2023) che è stata chiamata a dirimere una controversia in tema di accantonamento TFM.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, invece, tale indennità doveva essere determinata, seguendo regole mutuate dalla disciplina prevista per il calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR) in favore dei dipendenti. Nella motivazione viene fatto espresso richiamo alla sentenza della Cassazione n. 24848/2020 nella quale viene indicato il principio da applicare al caso di specie. Secondo la Suprema Corte, le quote accantonate in ogni esercizio possono essere dedotte secondo il principio di competenza, a condizione che la previsione dell’indennità risulti da atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo. In assenza di tali condizioni, la deducibilità avviene secondo il principio di cassa.

Quindi, nessuna regola particolare per quanto riguarda la determinazione dell’entità dell’accantonamento, ma precise condizioni per stabilirne il criterio di deducibilità. In verità, l’art. 105, c. 4 del Tuir si limita a stabilire che le norme applicabili agli accantonamenti di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (art. 105, cc. 1 e 2) si applicano anche alle indennità di cui all’art. 17, c. 1, lett. c), d) e f). In particolare, la lettera c), richiamando espressamente le indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, tra cui rientra anche il trattamento di fine mandato, indica, come condizione per applicare la tassazione separata, che il diritto all’indennità risulti da atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto. Nessun riferimento viene fatto alla necessità di quantificazione in tale sede. Stando all’interpretazione letterale della norma, sembrerebbe sufficiente la mera previsione del diritto all’indennità nell’atto costitutivo o nel verbale dell’assemblea che nomina gli amministratori.
Sulla questione della data certa, si ravvisano posizioni contrastanti.
Secondo l’Associazione italiana dottori commercialisti, la deducibilità per competenza sarebbe ammessa anche in assenza di data certa. Secondo la tesi ormai piuttosto consolidata della Corte di Cassazione, invece, la data certa è una condizione necessaria (è sufficiente il timbro postale sulla delibera).
Sull’entità dell’accantonamento, nonostante ripetuti tentativi di definire un criterio di calcolo, allo stato attuale non è ipotizzabile alcun indirizzo preciso.

Mentre il TFR dei dipendenti è disciplinato dal Codice Civile (art. 2120), il TFM degli amministratori è liberamente regolato dalla volontà delle parti. Sulla modalità operativa, al fine di evitare inutili contenziosi, vista la tesi restrittiva assunta dalla Cassazione, in linea con il pensiero dell’Agenzia delle Entrate, è consigliabile, in primo luogo, che la previsione del diritto all’indennità risulti dallo statuto e, in secondo luogo, che nel verbale di nomina degli amministratori, venga specificata anche l’entità dell’accantonamento, avendo cura di conferire data certa a detto verbale (PEC, timbro postale, marcatura temporale, ecc.).
È ipotesi piuttosto infrequente e surreale che l’entità dell’indennità venga stabilita fin dalla costituzione della società e quindi, qualora gli amministratori siano nominati in sede di costituzione sino a revoca, il problema potrebbe non essere di facile soluzione.