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L’idoneità dell’assegno quale titolo esecutivo

A questo punto va ricordato che l’art. 55, R.D. 21.12.1933, n. 1736, e l’art. 474 cpc, qualificano espressamente l’assegno come titolo esecutivo. L’autonomia negoziale dell’assegno (quale strumento di pagamento di una prestazione che trova origine in un altro rapporto contrattuale), consente al beneficiario-portatore di provare l’esistenza del diritto di esigere la somma di denaro indicata, indipendentemente dalle sorti del rapporto contrattuale. Va poi precisato che per presentare il precetto, non è sempre necessario che l’assegno venga protestato.

Il protesto non è necessario ogni volta in cui sull’assegno sia privo di girate e lo si voglia far valere direttamente contro il traente. Per questo motivo, fermo quanto detto sul protesto, ove l’importo determinato in assegno non fosse pagato alla data indicata, ben potrebbe il creditore procedere direttamente all’esecuzione forzata, senza bisogno di accertare il proprio diritto di credito con giudizio di cognizione.
In questa ipotesi, il beneficiario dell’assegno non pagato, nei primi 6 mesi decorrenti dalla data di emissione, potrebbe spedire l’assegno (quale titolo esecutivo) unitamente all’atto di precetto ed intimare, così, il proprio debitore al pagamento.
Il creditore dovrà pertanto allegare esclusivamente la copia dell’assegno bancario unitamente al certificato di conformità dell’assegno rilasciato dall’Ufficiale Giudiziario. Decorsi 10 giorni, poi, potrà procedere all’esecuzione forzata. Si tratta della c.d. azione cartolare attraverso la quale il creditore, entro 6 mesi dall’emissione, potrà agire direttamente in executivis mediante la notifica del titolo esecutivo e dell’atto di precetto.
Ciò premesso, va ricordato che la Giurisprudenza sull’assegno in bianco e su quello post datato, se per un verso tende a salvaguardare la firma di traenza qualificandola come promessa di pagamento, per altro verso esclude radicalmente che questi possano valere come titoli esecutivi e, in quanto tali, suscettibili di essere messi in esecuzione forzata. Ai sensi dell’art. 474 cpc, infatti, prima di iniziare l’esecuzione il creditore è tenuto alla notifica del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e solo dopo che è decorso il termine di 10 giorni l’esecuzione potrà essere avviata.
Nella prassi, però, si è visto che assegni, la cui compilazione è stata scorretta o parzialmente omessa, vengono spediti unitamente all’atto di precetto, quale attività prodromica al pignoramento. Di fronte a questa ipotesi, si configura una problematica formale, che nulla ha a che fare col diritto di credito del creditore che andrà tutelato in altra sede, atteso che ai fini dell’esecuzione forzata non è munito di titolo idoneo ad avviarla.

In tale ipotesi il debitore, che si vede intimato il pagamento entro 10 giorni con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata, ben potrà ottenere tutela con un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. Tale opposizione, prima dell’inizio dell’esecuzione, si realizza mediante citazione in giudizio in opposizione al precetto, attraverso la quale il debitore potrà preservarsi dalle varie forme di pignoramento. Si noti che, ove mai l’esecuzione fosse già avviata, l’opposizione all’esecuzione andrà proposta con ricorso al Giudice dell’esecuzione.