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Immobili d’impresa, assegnazione agevolata e non solo.

Aggiornando un impianto normativo noto agli addetti ai lavori, la L. 197/2022 consente di espungere i beni immobili dai cespiti aziendali a condizioni di sicuro vantaggio rispetto a quelle che, in assenza della norma agevolativa, risulterebbero significativamente più onerose. Nello specifico, le opportunità sono rappresentate dall’assegnazione, se il bene è posseduto da una società, o dall’estromissione, se il bene fa parte dei cespiti dell’imprenditore individuale. In via residuale, è possibile giungere allo stesso risultato, per le società, ove in bilancio non siano presenti riserve capienti a coprire il valore contabile del bene oggetto di dismissione, mediante la trasformazione in società semplice.

Più in particolare, per le società, è consentita l’assegnazione ai soci degli immobili (diversi da quelli strumentali per destinazione), quali quelli strumentali per natura, anche se concessi in locazione, comodato e, comunque, non direttamente utilizzati dall’impresa, quelli alla cui produzione/scambio è diretta l’attività dell’impresa, nonché quelli che concorrono a formare il reddito d’impresa ex art. 90 Tuir. Per quanto precede, non possono beneficiare della disciplina di favore gli immobili che, pur essendo per le loro caratteristiche qualificabili come strumentali per natura, in quanto non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, sono utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa.

Il vantaggio dell’operazione consiste nella scelta di poter determinare la base imponibile a valore catastale, pagando un’imposta sostitutiva pari all’8% della plusvalenza (10,50% se società non operativa) e un’imposta sostitutiva del 13% se la società utilizza, in contropartita della fuoriuscita contabile del cespite assegnato, riserve di patrimonio netto in sospensione d’imposta. Altre agevolazioni riguardano l’applicazione dell’imposta d’imposta di registro ridotta al 50% (in via generale, dal 9% al 4,5%) e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa (in luogo, rispettivamente, del 2% e 1%).
Per quanto precede, risulta evidente che in bilancio devono essere presenti, e disponibili, riserve in misura tale da “coprire” il valore del bene che fuoriesce, con la precisazione che, nell’ipotesi d’incapienza del patrimonio netto, occorrerà integrare il medesimo con apporti funzionali a raggiungere una soglia tale da consentire l’effettuazione dell’operazione. Ne consegue, altresì, un effetto paradossalmente penalizzante per i soggetti che, per obbligo o per opzione, adottano la contabilità “ordinaria” e non la “semplificata”; in quest’ultimo caso, non sussistendo l’obbligo di redigere il bilancio, l’assegnazione del bene non è vincolata, come contropartita, alla sussistenza di una riserva.

Qualora la società non disponga di sufficienti riserve e, tuttavia, abbia per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni immobili, la via di uscita può essere rappresentata dalla trasformazione agevolata in società semplice e successiva assegnazione del bene; alternativa, quest’ultima, che presenta un ulteriore vantaggio, che sarà descritto in sede di conclusioni. È previsto, altresì, che l’imprenditore individuale, entro il 31.05.2023, possa escludere dal patrimonio dell’impresa i beni immobili strumentali, posseduti alla data del 31.10.2022, con effetto dal 1.01.2023. In mancanza della norma agevolativa, si applicherebbero le disposizioni sull’autoconsumo dei beni, che comportano l’ordinaria tassazione in materia di imposte sui redditi. La norma si applica a tutti gli immobili strumentali per natura, prescindendo dal loro esclusivo utilizzo per l’attività d’impresa.

In conclusione, occorre anche valutare i possibili riflessi nel caso di successiva vendita del bene da parte del socio assegnatario o della persona fisica/imprenditore che ha estromesso il bene.
Ebbene, nel primo caso, al fine di “sterilizzare” la previsione dell’art. 67, c. 1 Tuir, ossia l’intento speculativo ove tra acquisto e vendita siano intercorsi meno di 5 anni ovvero se, per la maggior parte del periodo medesimo, il bene non sia stato adibito a “prima casa”, l’assegnatario dovrà far decorrere il quinquennio di monitoraggio per evitare la tassazione; in difetto, sarà tassata, come reddito diverso, la differenza fra valore di assegnazione e valore di vendita.
Nel caso dell’imprenditore individuale che estromette “autoassegnandosi” il bene, trattandosi dello stesso soggetto, assume rilievo la data di acquisto in qualità di imprenditore: pertanto, se alla data della cessione sono già trascorsi 5 anni, non si avrà nessun riflesso, poiché l’operazione non rappresenta causa di interruzione del quinquennio. Lo stesso vale nell’ipotesi in cui la società semplice proceda ad assegnare o vendere il bene al socio: anche in questa fattispecie, rileva la data in cui la ex società commerciale aveva acquistato l’immobile e non la data di effetto della trasformazione agevolata.